La dipendenza affettiva

La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita emotiva, in cui l’individuo che dona amore a senso unico vede nel legame con l’altra persona, spesso problematica o sfuggente, l’unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti. Chi soffre di dipendenza affettiva ha difficoltà nel riconoscere i propri bisogni e ha la tendenza a subordinarli ai bisogni dall’altro. Una grande energia vitale viene impiegata nell’amare e nel ricevere amore e approvazione, che spesso non arrivano.

Le persone dipendenti mendicano amore, si immolano, tanto meno vengono amate, tanto più hanno bisogno di sentirsi amate. Sono cresciute con la sensazione di non essere state abbastanza amate dai loro genitori. Questi ultimi hanno avuto un comportamento incostante e incoerente verso il figlio: a volte erano molto presenti ed affettuosi, altre volte freddi e distratti.
Il dipendente affettivo ha un atteggiamento negativo verso di sé, avendo paura dell’abbandono deve essere costantemente rassicurato, è inoltre molto geloso e ossessivo, arrivando ad appesantire il rapporto. Ha la presunzione che prima o poi riuscirà a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarlo nel modo in cui pretende, nonostante questo non riesce ad interrompere la relazione, in virtù del suo “amare troppo l’altro”.

In una relazione sana, solitamente, ci si ferma di fronte ad un rifiuto da parte del partner, nella dipendenza affettiva invece no, si può arrivare anche a comportamenti gravi come lo stalking. Nell’adulto che ha sviluppato un attaccamento sufficientemente sano, l’amore è un processo circolare che arricchisce entrambi i partner, dà inoltre reciproche attenzioni e gratificazioni consentendo ad entrambi di maturare e di accrescere il proprio potenziale umano. L’amore dipendente, invece, mancando di vera intimità, è manipolativo e parassitario, dal momento che la persona cerca una propria conferma nel partner.

In seguito alla fine della relazione, il lutto amoroso inizialmente viene vissuto dal dipendente come inelaborabile. La prima reazione è quella di negare e rifiutare la realtà, poi subentrano sentimenti di ribellione e rabbia, in seguito si comincia a venire a patti con quello che è successo, si prova rimpianto e colpa per qualcosa che avremmo potuto fare o non fare, dopodiché si arriva alla dolorosa accettazione. Questa perdita corrisponde ad una morte, a cui di solito segue una rinascita. Il compito del terapeuta è di accompagnare la persona in questo percorso di morte e rinascita, evitando di farle ripetere gli stessi errori, lavorando sulle sue fragilità, sui sentimenti di ansia e di angoscia e sulla bassa autostima.

 

 


La dipendenza sessuale

La dipendenza sessuale, secondo lo psichiatra Gabbard, non è caratterizzata da una positiva, piacevole e intensa sessualità goduta, anche se ad oggi non esistono criteri scientifici ufficiali e condivisi per identificarla.

Questo tipo di dipendenza si manifesta nei rapporti sessuali, nella masturbazione, nelle fantasie e anche nella programmazione di incontri, ad esempio su siti internet o su chat. Il solo pensiero infatti di dover incontrare una persona o un gruppo per fare sesso, provoca sollievo.

Per il dipendente il sesso rappresenta una fuga illusoria dal disvalore di sé, dal senso di colpa, dalla solitudine, dalla tristezza e da tutti quei vissuti di angoscia che la persona sperimenta e che non riesce a elaborare. Ma il sesso è vissuto anche come una fuga dalla vera intimità e dall’insicurezza riguardo la propria mascolinità e femminilità: le persone cercano il sesso, ma in fondo non si sentono appetibili, hanno una identità estremamente fragile. e talvolta anche lesa. E’ proprio su questa ferita che si deve lavorare in terapia.

La dipendenza sessuale, così come la maggior parte dei disturbi, deriva da più fattori: biologici, ambientali, psicologici, ma anche socio-culturali. Il ruolo della cultura è infatti parte integrante della malattia. La nostra cultura attuale ci ha familiarizzato con il sesso, tutto viene sessualizzato e i mass media usano continuamente rimandi alla sessualità. Oggi viviamo nella cultura della fretta e del tutto e subito, che non ci dà il tempo di elaborare e pensare. C’è fretta per tutto, anche per uscire dal dolore e dall’incertezza, d’altronde la nostra cultura si fonda sulla prestazione e sull’efficienza. Siamo diventati figli di una società del fare piuttosto che di una società dell’essere, Ma la vita non è solo adesso: la vita è passato, presente e futuro e la nostra identità si fonda su tutta questa linea temporale.

In assenza di una definizione scientifica, la dipendenza sessuale viene considerata un disturbo fantomatico, spesso usato non adeguatamente da mass media, film, internet, tv, che sempre più spesso lo spettacolarizzano e lo mettono in mostra quasi fosse una caratteristica positiva, ignorando completamente la sofferenza che sta dietro. La dipendenza sessuale non va osannata o invidiata, merita piuttosto attenzione clinica, poiché il dolore che prova chi ne è affetto è una cosa estremamente seria e importante.